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Ogni anno, nel mese di marzo, dopo i mesi invernali e le loro brevi giornate uggiose, la primavera esplode di nuovo nelle campagne, tingendole di intensi e travolgenti colori, e qui ad Agrigento si accoglie la nuova stagione in modo scenografico: cortei di gruppi folkloristici provenienti da tutto il mondo sfilano lungo la valle dei Templi indossando i costumi tradizionali delle loro nazioni e intonando canti popolari che si fondono armoniosamente con gli antichi versi di gloria provenienti dai tempi della dominazione greca, parole che sono rimaste a piroettare nel vento e che, quando cala il silenzio della notte, rivivono come se i secoli non fossero mai passati e il mondo fosse rimasto immutato.
È come se la Storia si presentasse ai piedi dei templi, si inginocchiasse e alla loro ombra si rinnovasse: è questa la magia creata dalla Festa del Mandorlo in Fiore (scopri di più), uno dei più celebri e partecipati eventi folkloristici della Sicilia.
Agrigento è una città dall’anima variopinta, per le cui strade si celebra ancora la cultura greca, si rende omaggio all’eredità romana e si ringraziano le varie dominazioni susseguitesi nel corso dei secoli. Ma il capoluogo di provincia è anche una città costiera, che si lascia continuamente ispirare dalle limpide acque del suo mare, dal quale è separata da una cerniera di spiagge incontaminate, ricoperte di fine sabbia dorata.
Agrigento è anche scrigno letterario, con luoghi che hanno visto grandi autori passeggiare e rimuginare sulle pagine rimaste incomplete sulla loro scrivania, come Luigi Pirandello, che qui nacque nel 1867 e che qui volle che le sue ceneri fossero seppellite.
Circondata da una “campagna d’ulivi saraceni affacciata agli orli d’un altopiano d’argille azzurre sul mare africano”, come la descrisse Pirandello, Agrigento è anche città di monumentali fontane, di maestose piazze e di colossali monumenti, nonché di angoli nascosti brulicanti di segreti tutti da scoprire camminando in silenzio, con grande circospezione, perché – si sa – le informi orme del passato sono sfuggenti e non si rivelano mai alle rumorose masse di turisti, bensì ai viaggiatori solitari alla ricerca della bellezza.
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Amunì a mari
Il poeta greco Pindaro definì l’area di Agrigento “la più bella dei Mortali”. Se vi fermate a contemplare le intense sfumature del suo mare e ad ammirare la delicatezza dei suoi fulgidi paesaggi, capirete che aveva ragione.
Il litorale agrigentino è ammantato di fine sabbia chiara e non è provvisto di molti lidi attrezzati. Prevalgono, insomma, le rive libere, il paradiso ideale per chi preferisce cercare da sé un posto in cui piantare l’ombrellone. Tra i punti più suggestivi, il più rinomato è la spiaggia Eraclea Minoa, che si estende per 6 km ed è circondata da una rigogliosa pineta mediterranea.
Beniamina del WWF, che la tutela per via della presenza della tartaruga caretta caretta, è poi la spiaggia di Torre Salsa, parte di una Riserva Naturale Regionale.
Lunghissima e panoramica, custode di visuali da cartolina, è la spiaggia di Giallonardo, dove si trova la Baia delle Sirene.
Chi c’è i taliari
La prima immagine che viene in mente quando si sente nominare Agrigento è sicuramente quella dei templi greci che svettano sull’azzurro cielo della Sicilia e sorvegliano le verdi colline circostanti. In effetti, la Valle dei Templi (scopri di più), inserita tra i patrimoni dell’umanità dall’UNESCO nel 1997, è la calamita che attrae i turisti invogliandoli a recarsi in questo angolo occidentale dell’isola al centro del Mediterraneo.
Il parco racchiude un ben conservato raggruppamento di templi dorici risalenti al periodo ellenico e sorge laddove si estendeva l’antico insediamento greco di Akragas, il nucleo originario di Agrigento. Tra le strutture più sbalorditive il Tempio della Concordia è quello più immortalato dagli scatti fotografici, ma d’impatto è anche la visione del Tempio di Era Lacinia, che si innalza a 120 metri d’altitudine. Pregevoli sono pure il Tempio di Ercole, verosimilmente il più antico, il Tempio di Demetra, le necropoli, l’Olympeion e il Bouleuterion, la cui bellezza è ancora più abbagliante dopo il tramonto, quando il cielo si incupisce e il sito archeologico brilla di luce propria.
Agrigento non è, tuttavia, soltanto eredità greca, poiché è ricca di numerose attrattive ancora poco conosciute, come la Cattedrale, in via Duomo, dotata di una splendida torre campanaria di provenienza quattrocentesca, e la Chiesa di San Nicola, al cui interno è custodito il celebre sarcofago di Fedra e di Ippolito ed è esposto il “Signore della Nave”, un crocifisso citato in una novella di Luigi Pirandello.
Dello scrittore di “Girgenti”, l’antico nome della città, è possibile visitare la casa natale, oggi trasformata in un museo con annessa una nutrita biblioteca, da cui si apre un sentiero che conduce al “pino solitario” sotto il quale sono state seppellite le ceneri di Pirandello.
Sparsi per la città si trovano, inoltre, diversi musei, come il Museo di Scienze Naturali “Empedocle“, allestito presso l’omonimo Liceo Classico, la Mostra permanente Eccellenza del Liberty, nel Collegio dei Padri Filippini, le Fabbriche Chiaramontane e il Museo Medievale, all’interno del complesso monumentale di Santo Spirito.
Chi si mangia?
Una città così ricca di monumenti e di bellezze naturali non può non essere altrettanto valente sul versante della cucina.
Tra le specialità del luogo spiccano: i cavatelli al cartoccio, serviti solitamente con cubetti di melanzane fritte, pomodoro, basilico e ricotta salata; la colorata e saporita minestra di san Giuseppe, chiamata in questo modo poiché era il piatto che in passato si offriva ai poveri il giorno della festa di san Giuseppe, il 19 marzo; la minestra di seppie; il Tianu di Aragona e le polpette di sarde. Un menù che congiunge, insomma, i prodotti e i profumi del mare e quelli della terra.
Unni imu?
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