Donnafugata: oh che bel castello!

di Alessia Giaquinta   Foto di Angelo Micieli

 

C’era una volta, tanto tempo fa, Bianca Navarra che dopo la morte del marito, capo del Regno di Sicilia, venne spietatamente corteggiata dal conte Bernardo Cabrera, aspirante al trono, che pur di averla, la imprigionò in un Castello, dal quale – si narra – lei riuscì a fuggire.
Il Castello in causa, sebbene alcuni dati siano anacronistici, si trova in territorio ragusano: Donnafugata è il suo nome.

Il nome, in effetti, fa pensare proprio alla fuga della regina ma, in realtà, pare derivare dall’arabo Ayn As-Iafaiat ossia “sorgente della salute”, presente nella parte in basso, a est del Castello. Ayn, sorgente, viene poi traslitterato in “ronna”, donna. Il toponimo Donnafugata così riassume storia e leggenda e si offre, oggi, come affascinante sintesi delle vicende di un castello, che non è castello.

Quello di Donnafugata, infatti, non è un castrum con funzione di difesa: si tratta piuttosto di una villa, probabilmente edificata su costruzioni precedenti.

Quel che possiamo dire di certo è che il primo barone di Donnafugata, nel 1628, fu Giovanni Arezzo-Propenso e che, da quel momento fu la famiglia Arezzo ad abitare la sontuosa villa.
Si fa però riferimento a Corrado Arezzo De Spuches (1824-1895) se si vuole comprendere l’estensione e l’architettura della villa. Proprio lui, infatti, volle che l’edificio fosse testimonianza della grandezza della famiglia e luogo maestoso dove ospitare personaggi illustri. Egli fece edificare una fortificazione attorno alla villa che assunse così l’aspetto di un castello.

Uomo di cultura, Corrado ebbe interesse per i viaggi, la botanica e l’esoterismo. Aveva anche uno spirito scherzoso tanto che fece costruire, nel parco, una panchina – dove si appartavano gli innamorati – collegata a un marchingegno che, se attivato, spruzzava improvvisamente acqua. Uno degli scherzi più famosi, però, era quello del monaco. Le donne ospiti al castello, passeggiando nei viali, trovavano una struttura simile a una chiesa in cui, all’ingresso, si trovava un finto monaco che procurava loro spavento.

In uno dei suoi viaggi a Londra, affascinato dal labirinto di Hampton Court, volle riprodurlo nel suo giardino aggiungendovi la statua di un soldato al posto di guardia. Oltre 1500 specie di piante arricchiscono la parte esterna della villa che ospita pure un tempietto e una Coffee-House dove, si narra, gli ospiti venissero accompagnati da una banda musicale.

Dopo alcune vicende che coinvolsero varie generazioni della famiglia, il Castello fu venduto al Comune di Ragusa, nel 1982.

Incantevoli gli interni: dal mobilio alle Sale, agli affreschi, alla preziosa libreria.
Per parlare di “lieto fine” non si può non considerare l’impegno dell’architetto e museologo Giuseppe Nuccio Iacono, nominato dall’Amministrazione di Ragusa, gestore e manager culturale del Castello. Attraverso l’esposizione di mostre tematiche (di abiti e oggetti curiosi) e interessanti novità ha l’obiettivo di dare lustro al Castello, e non solo.

Gli orari di apertura sono: dal martedì alla domenica, dalle ore 9.00 alle ore 19.00 (chiusura cassa).

Ma vi consiglio di attenzionare i numerosi eventi che si organizzano al Castello: uno più bello dell’altro!

 

Torna a scoprire Ragusa.

Articolo estratto da: Biancamagazine.it

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