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“Ppi ménnuli muddisi all’Araona, ppi picciotti beddi a la Favara” (Per le mandorle buone andate ad Aragona; per le belle ragazze andate a Favara), recita un antico detto siciliano, e se lo dice la tradizione c’è da fidarsi. Ma a Favara, città il cui nome, che letteralmente vuol dire “abbondanza d’acqua”, evoca immagini di munificenza e di opulenza, si addensano anche altre bellezze, soprattutto architettoniche.
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Chi c’è i taliari
Il centro in provincia di Agrigento si sviluppa attorno al Castello Chiaramontano, innalzato su uno sperone di roccia situato in Piazza Cavour, contornata da palazzi signorili ed edifici sacri, come la Chiesa Madre e la barocca Chiesa del Rosario, caratterizzata da un particolare soffitto ligneo a cassettoni. A poca distanza da questo punto centrale, precisamente in Piazza Garibaldi, merita una visita anche la Chiesa della Madonna del Carmine.
Luogo sospeso nel tempo è poi la Biblioteca “Barone Antonio La Mendola”, sita in un’elegante sala in stile neoclassico all’interno di un palazzo di Piazza Cavour, il cui secondo piano è adibito a museo. Qui si trovano una collezione di uccelli imbalsamati e una sezione dedicata ai minerali.
Per gli amanti dell’arte, tappa d’obbligo è il “Farm Cultural Park” (scopri di più), un parco turistico culturale inserito al sesto posto nella classifica mondiale delle migliori mete d’arte contemporanea.
Nei dintorni di Favara, precisamente in contrada Stefano, è presente un’interessante area archeologica nella quale sono conservati reperti risalenti all’età del bronzo, al periodo romano-bizantino e a quello Normanno. Al suo interno si trova una grande necropoli paleocristiana con più di cento tombe scavate nella roccia.
Chi si mangia?
Favara viene denominata la “città dell’Agnello Pasquale“, un dolce tipico a base di mandorle e di pistacchio. Tra le altre specialità da assaggiare ci sono anche la minestra di San Giuseppe e il “chichireddu“, una varietà di pane di semola di grano duro a cui viene data una caratteristica forma a ferro di cavallo.
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