Il mito dei “Fratelli Pii” a Catania

 di Alessia Giaquinta, foto di Pio Andrea Peri

 

«Veloce, fa’ in fretta!» grida Anapia al fratello.

Anfinomo, infatti, è rimasto indietro nella corsa. Il carico dell’anziano padre sulle spalle non gli permette di procedere speditamente. Anapia, invece, porta su di sé la gracile madre che, accovacciata e stretta alle sue braccia, chiude gli occhi per la paura.

Catania è nel panico. Il grande vulcano Etna minaccia, con la sua lava incandescente, l’intera città: le case sono in fiamme, il cielo è grigio e cupo, si sente urlare dappertutto.

Quella, sì, è una catastrofe. Tutti scappano, senza una meta, portando con sé qualche moneta o oggetto prezioso. Ognuno principalmente, però, cerca di mettere in salvo se stesso. Non c’è tempo per pensare ad altro, ad altri.

Anfinomo e Anapia, invece, non riescono a fuggire senza gli anziani genitori che vivono alle pendici del Vulcano e, senza pensarci troppo, sfidano la paura e si dirigono, controcorrente, verso casa. Lì trovano i due vecchi, abbracciati, in un angolo, con la schiena contro una parete, pronti ad accogliere la morte.

I due fratelli, allora, caricano i genitori sulle loro possenti spalle e li rassicurano: adesso ci sono loro, qualsiasi cosa accadrà, non sono più soli. Ora, solo ora, Anfinomo e Anapia possono darsi alla fuga.

Molti però criticarono quella scelta: perché rischiare la vita per tentare di salvare i due anziani?

La stessa domanda alcuni la rivolgono ancora oggi a tutti coloro che, mossi non solo dal senso del dovere ma soprattutto da quella pietas che caratterizza i due personaggi protagonisti del mito, sfidano la paura della morte, della malattia, si espongono ai contagi pur di prendersi cura di chi è solo, fragile, contro una parete senza via d’uscita.

Al di là di ogni deontologia, lì si legge un eroismo che tanto ricorda quello di Anfinomo e Anapia, passati alla storia come “I fratelli Pii”, coloro che tentarono tutto pur di mettere in salvo i loro genitori. La lava li raggiunse, però.

Il mito vuole che, nonostante ciò, non furono travolti poiché prodigiosamente il fluido incandescente deviò il proprio corso innanzi a loro.
La loro pietas, raccontata da numerosi poeti latini – e di cui ancora oggi si fa memoria –, li aveva salvati.

Oggi, due hornitos (accumuli di materiale incandescente) ricordano, nei pressi dell’Etna, Anfinomo e Anapia: nel corso dei secoli, durante varie eruzioni, infatti, sono stati accerchiati dalla lava ma non sono stati sepolti.

In piazza Università, a Catania, i “Fratelli Pii” sono rappresentati con delle statue di bronzo. Un inno all’amore filiale, e non solo, un riconoscimento nei confronti di un mito che, se vogliamo, diventa realtà nel sacrificio e nella devozione per la vita, tutti i giorni, celebrata da coloro che si fanno carico della sofferenza altrui, al di là di ogni umana paura.

 

 

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