La chiesa più bella del mondo si trova a Palermo
di Alessia Giaquinta, foto di Letizia Maria Tantillo
Guy De Maupassant la definì “Il più bel gioiello religioso sognato dal pensiero umano“.
Dove ci troviamo? Nella Cappella Palatina, a Palermo.
Nel 1130, il primo re normanno di Sicilia, Ruggero II d’Altavilla la fece edificare nel proprio palazzo. I lavori furono completati 13 anni dopo, nel 1143, come attesta un’iscrizione sulla cupola.
E già: sono passati quasi mille anni da allora eppure il fascino di questo luogo non è minimamente sfiorito. Tutt’altro!
Chi accede nella Cappella Palatina, ancora oggi, riesce in termini visivi a cogliere la fusione di differenti culture: normanna, araba e bizantina, ognuna accentuata nello stile, nei simboli, nelle immagini, nei materiali utilizzati. Facile è, allora, riconoscere in questo luogo la politica di tolleranza portata avanti da Ruggero II. E non solo: ad emergere è la bellezza della diversità, nel suo insieme.
Il Cristo Pantocrator, che al centro dell’abside domina la scena, abbraccia ogni cosa e benedice con la mano sinistra, alla greca, mentre con la mano destra regge il libro sacro in cui, nella lingua latina e nella lingua greca, è scritto “Io sono la luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita“.
I mosaici, che parlano un linguaggio universale ed eterno, sono i più bei prodotti dell’arte bizantina, senza uguali in alcuna delle chiese di Costantinopoli. Sono formati da due lastre di vetro tra le quali si trova un sottilissimo strato d’oro.
Nel pavimento, di tradizione islamica, invece si trovano mosaici di pietre preziose. Così come il soffitto ligneo a “muquarnas” (stalattiti), tipico delle moschee che qui rappresenta un unicum nelle chiese cristiane.
Sicuramente dipinto da artisti nordafricani è il paradiso coranico: pavoni, aquile, paesaggi campestri, scene di musica e danza richiamano la festa della vita ultraterrena.
Il grandissimo candelabro monolitico, di oltre 4 metri, si poggia su quattro leoni che simboleggiano i normanni.
Quattro: un numero che richiama, anche nella pianta del presbiterio quadrato, i quattro elementi, terra, acqua, aria e fuoco. Alla creazione dunque, di cui il Cristo del mosaico, è supremo signore.
La Cappella Palatina, pertanto, è non solo un gioiello dell’arte del XII secolo, ma è soprattutto testimonianza di un passato tollerante e glorioso, frutto del pacifico incontro di mondi lontani, sintesi perfetta di stili diversi che, insieme, creano autentica bellezza.
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